Jeffrey Dahmer: il successo del crimine

21 Settembre 2022 – Una data, un nuovo inizio. È proprio in quel giorno che Netlfix lancia in anteprima mondiale una delle serie più discusse degli ultimi tempi (oltre che tra le 10 più seguite della piattaforma): Dahmer - Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer.

© Netflix

Ideata da Ryan Murphy e Ian Brennan, Dahmer, esempio perfetto di transmedialità, ha sin da subito catalizzato l'attenzione di una grande fetta di pubblico in un crescendo inesorabile sfociato (grazie anche all'aiuto dei social network) in una morbosa ossessione che raggiunge il suo culmine nella "macabra idolatria".

Magistralmente interpretato da Evan Peters, pupillo di Murphy, Jeffrey Dahmer è "ritornato più vivo che mai" grazie a questo sceneggiato che in maniera abile ricostruisce, in 10 puntate, con minuzia e precisione ogni singolo aspetto di quella inquietante vicenda (è impressionante come luoghi, attori, costumi siano fedeli alla realtà storica).

Occorre precisare che l'intento di Murphy, più volte ribadito con fermezza, non è celebrativo, sebbene quest’aspetto venga più volte frainteso. Parliamo di un individuo che tra la fine degli anni '70 e l’inizio dei '90 si è macchiato di orrendi crimini (17 quelli da lui confessati) ai danni della comunità nera e di minori (la vittima più giovane aveva solo 14 anni!) tanto da guadagnarsi l'appellativo di "mostro di Milwaukee", diventato poi "cannibale di Milwaukee" (smembrava le vittime e ne mangiava parti del corpo).

Alla luce di ciò risulta alquanto indigesto, per i più (in particolar modo per i familiari delle vittime), il fatto che così tante persone siano affascinate da quest'individuo che così tanto dolore ha seminato durante il suo cammino su questa terra.

Tuttavia 2 domande bisogna pur farsele!

Perché la gente è così ossessionata dai racconti del crimine, del macabro, soprattutto quando questi si ispirano a fatti realmente accaduti? Perché molte persone, per lo più ragazzini/e sono arrivati/e ad idolatrare Dahmer nei modi più assurdi e immaginabili?

"Dahmer Challenge" su TikTok (per guardare le polaroid originali scattate dal Killer), vendita di oggetti a lui appartenuti (la Bibbia della prigione dell'assassino, venduta per 6.000 dollari, la sua urna, venduta per 250.000 dollari, e una foto della classe di quinta elementare in vendita per 3.500 dollari), montaggi video con dichiarazioni d'amore per l’assassino, costumi di Halloween a tema Dahmer venduti ovunque… queste sono solo alcune delle "conseguenze al limite della decenza (o indecenza, scegliete voi)" innescate dal cosiddetto "effetto Dahmer".

il prankster ROQUE interpreta Jeffrey Dahmer in uno sketch comico, un video virale (500k visualizzazioni) bannato da Tik Tok per "contenuti illegali"

Nulla di cui stupirsi se si tiene conto del potere della narrazione, tanto semplice quanto infima. Se non la si "legge" nel giusto verso, riesce a ribaltare la realtà, rovesciare i valori, a confondere i ruoli (in questo caso del bene e del male), a guidare il comune pensiero.

La maggior parte dei critici imputa la colpa di tali conseguenze a Murphy stesso, riuscito attraverso il punto di vista del racconto ad empatizzare troppo con l'assassino, umanizzandolo e rendendolo addirittura vittima del suo stesso disturbo mentale.

C'è da dire che quella di Murphy è stata una ricostruzione fedele della persona/personalità del vero Jeffrey Dahmer. Un individuo timido, solitario, a tratti buffo, per certi versi così anonimo da rendersi insospettabile circa l’abilità nel compiere gesti tanto efferati.

Allora perché tutte queste caratteristiche rendono Jeffrey Dahmer una personalità "interessante"? E perché Il crimine è così interessante agli occhi della gente?

La risposta a queste domande affonda le sue radici nei meandri più profondi della psiche umana.

Il mondo così come ci è stato presentato e "insegnato" è un posto brutto e cattivo (sembra che oggi si debba aver paura di qualsiasi cosa, soprattutto se fuori dalla comune accettazione) di fronte al quale gli individui hanno due opzioni: opporsi a questo stereotipo o abbracciarlo accedendo alla trasgressione.

Le persone credono, o magari si illudono, di essere cattive, in linea con quanto li circonda. L'esorcismo di questa cattiveria, dunque, trova sfogo nel crimine (o nei racconti di esso) proprio perché quest'ultimo ci pone di fronte a tanti quesiti (alla maggior parte dei quali nemmeno sappiamo dare una risposta), perché assolve alla funzione catartica di liberazione del proprio malessere e dei più bassi istinti attraverso le azioni di un altro, alleggerendoci però dalla colpa della commissione fattuale dell'atto.

È così che Dahmer diventa, soprattutto per i "nuovi giovani", il brivido proibito di una notte di follia, la linea di demarcazione (tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato) da non oltrepassare… o quasi.

Il successo di questa serie, che racconta dei precisi atti di violenza, non ci rende necessariamente tutti Jeffrey Dahmer, piuttosto ci fa credere di esserlo e la manipolazione mediatica esercitata sulle masse sembra quasi un'opera di convincimento, giustificatrice della violenza strutturale di base dei governi, traslata, s'intende, a un livello propriamente governativo.

Sulla base di questa logica, ogni azione cattiva e violenta non è attacco… ma difesa.

La domanda che ne consegue è… difesa da chi?

Happy Halloween

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