Artivismo in forme plastiche: i manifesti di resistenza

L'artivismo sta diventando ogni giorno più rilevante e, a differenza del sistema capitalista, riconosce l'impegno degli attivisti creativi e degli artisti socialmente consapevoli.

L'artivismo è contro-egemonico e assume molteplici forme plastiche, collettive e umanitarie. L'arte racconta sempre una storia o molte storie e si anima in relazione allo spettatore; la questione è come e perché raccontiamo questa storia. È veramente incantevole, seducente e potente quando un artista riesce a sorprenderci a tal punto da costringerci quasi a rompere i nostri schemi e osservare tale storia da un punto di vista completamente nuovo. La lotta continua per una società più equa può essere dunque effettuata con l'artivismo, incoraggiando la partecipazione sociale nel mondo dell'arte, sensibilizzando l'individuo, solo e isolato in una società non-sociale, attraverso proposte plastiche cariche di ribellione non-violenta.

Questo è ciò che vediamo nei manifesti di resistenza sociale di Claudia Rodríguez, che esplorano l'identità, la società dei consumi e la memoria storica nella città contemporanea e si traducono in forme o azioni ad alto impatto sociale e politico.

I manifesti di resistenza - Claudia Rodríguez

Claudia Rodríguez è nata a Città del Messico nel 1966 e vive a Guadalajara dal 1972. L'artista fa parte della Colectiva Hilos, un gruppo interdisciplinare con l'obiettivo di creare un dialogo formato da azioni artistiche di resistenza che affrontano e denunciano l'ingiustizia sociale attraverso i media tessili come lo yarn bombing (o urban knitting, graffiti a maglia).

Ni Una Más, Ni Una Sola, 2021 © Colectiva Hilos

Claudia Rodríguez ha studiato belle arti presso l'Instituto Cultural Cabañas. In seguito ha studiato e insegnato psicologia all'ITESO; nello stesso periodo ha frequentato gli atelier di scultura con Lucio Loubert a Parigi, Francia. Claudia Rodríguez ha esposto in mostre collettive e personali a Guadalajara, Jalisco; Monterrey, N.L.; Habana, Cuba; Bruxelles, Belgio e Miami, Florida. È stata selezionata per la III Biennale Monterrey Femsa e ha ottenuto la borsa di studio FONCA con un progetto con il gruppo Art deposit (DF). 

manifesto di resistenza con slogan "Imaginemos Realidades" (immaginiamo realtà), 2021 © Claudia Rodríguez

Con il suo lavoro cerca di tradurre in forme o azioni, concetti che hanno un significato per lei. È interessata al loro potere di porre domande, specialmente se hanno un impatto politico o sociale. I tre manifesti che presenta - con slogan "immaginiamo realtà", "esistiamo perché resistiamo" e "terra libera" -, vogliono essere una voce di speranza dalle loro immagini e dalle rispettive frasi che evocano la resistenza sociale, la solidarietà e la libertà di pensiero. 

manifesto di resistenza con slogan "Existimos porque resistimos" (esistiamo perché resistiamo), 2021 © Claudia Rodríguez

La sua produzione esplora temi che hanno a che fare con l'identità, la società dei consumi, la migrazione, la memoria, la città contemporanea e la natura. Claudia Rodríguez dà visibilità a cose che passano inosservate, dai gesti quotidiani a situazioni sociali rilevanti; usando video, testi, giochi di parole e la risignificazione dei materiali, esplorando diversi modi di percepire e comprendere la realtà. 

manifesto di resistenza con slogan "Tierra libre" (terra libera), 2021 © Claudia Rodríguez

Le opere di Claudia Rodríguez sono parte della mostra collettiva "ARTivism" in collaborazione con RoFa Projects (USA) e Pabellón 4 (Argentina) nell'ambito del programma di Art Focus Latin America, la prima associazione di gallerie d'arte delle Americhe, che riunisce il lavoro dei suoi artisti rappresentati: Cesar MartínezPriscilla MongeSilvia LevensonEugenio Merino, Avelino Sala, Davis Birks, Natalia Revilla, Ana De Orbegoso, Angel Poyón, Claudia Rodríguez, Alejandro Thorton, Selma Guisande e Pierre Valls.

La mostra sarà aperta al pubblico dall'8 aprile al 28 maggio 2022 nella sede principale della galleria Quetzalli.

Letteratura consigliata
  • Ni una más: arte e attivismo contro il femminicidio
    di Francesca Guerisoli, illustrazioni di Elina Chauvet

    Questo è un libro che ha ottenuto il patrocinio di Amnesty International: "Per la capacità di andare oltre i fatti del femminicidio, sapendo ispirare nel lettore un desiderio concreto di cambiamento". Nell'epoca in cui si pensava di aver superato certe dinamiche patriarcali Ni una más diventa all'inizio il grido di protesta con cui le madres e gli attivisti conducono la loro lotta contro omertà e impunità che caratterizzano il fenomeno del femminicidio di Ciudad Juárez, città messicana al confine con gli Stati Uniti. Le relazioni tra violenza, misoginia, memoria e rappresentazione nella "città delle morte", sono esplorate attraverso un approccio interdisciplinare. Francesca Guerisoli analizza le modalità con cui l'arte e le forme creative si oppongono al femminicidio, costruendo un orizzonte simbolico nel quale si colloca una battaglia culturale e politica transnazionale nel tentativo di ristabilire una memoria pubblica occultata dal sistema politico ed economico dominante. L'arte nata in relazione alla violenza e al femminicidio è indagata attraverso la descrizione critica delle opere e delle pratiche messe in atto da collettivi locali e da artisti che operano anche a livello internazionale, come Teresa Margolles, Lorena Wolffer, Ursula Biemann, Santiago Sierra, Regina José Galindo, Francis Alÿs. Il progetto d'arte partecipativa Zapatos Rojos di Elina Chauvet, nato nel contesto di Juárez, è divenuto il simbolo più popolare della lotta al femminicidio nel nostro Paese. L'analisi critica mette in rilievo il significato della marcia di scarpe rosse e il valore che il progetto, nato in una realtà specifica, esprime anche in tutti quei contesti in cui la relazione asimmetrica tra i sessi porta al femminicidio.Francesca Guerisoli (Genova, 1980) si occupa di storia e critica d'arte contemporanea e di museologia. I suoi interessi di ricerca comprendono il rapporto dell'arte con la dimensione sociale e politica e l'arte negli spazi pubblici. Dal 2009 è docente di Arte e Architettura e Linguaggi della Fotografia presso l'Università di Milano-Bicocca. Continua a leggere
  • Ni una menos. Dichiariamo guerra alla violenza di genere
    di Degender Communia

    La violenza di genererò un problema culturale, politico, sociale ed economico, ha fattori psicologici e simbolici, ma non solo. Pesano anche le condizioni materiali di vita che crescono d'importanza man mano che la crisi si drammatizza e imbarbarisce le relazioni sociali. Ma non si può comprendere la violenza contro le donne se non si comprende la logica complessiva dei rapporti di potere che agiscono nella società. Noi vogliamo fare l'esperienza di essere libere, di non restare chiuse nelle case mentre gli stupratori, potenziali o effettivi, sono liberi. C'è un solo modo per smettere di avere paura e quel modo è lottare. Noi non abbiamo paura, e nel mondo stiamo dichiarando guerra alla vostra guerra, ma per farlo non uccideremo popolazioni innocenti, non devasteremo città, ospedali, non alimenteremo altra violenza. La nostra dichiarazione di guerra si chiama rivoluzione sessuale, culturale, economica e sociale. Continua a leggere
  • Ni una menos
    di Paula Leonor Rodríguez

    Il 3 giugno 2015 ha avuto luogo un evento sociale unico: migliaia di persone sono scese in piazza in diverse parti dell'Argentina, mobilitate dallo slogan Ni Una Menos (Non una di meno). Ventitré giorni prima, un gruppo di giornalisti aveva twittato l'appello "Basta de femicidios" ("Basta femicidi"), e questo era un fatto che ogni trenta ore una donna viene uccisa nel paese. La richiesta comune è nata come reazione alla tradizione che separava le "vittime innocenti" dalle "puttanelle che devono aver fatto qualcosa". L'enorme presenza di giovani ha espresso il ripudio di questo modello. Niente sarebbe più stato lo stesso.

    Questo libro racconta cosa stava fermentando nella società argentina per portare a tale dimostrazione. Come i giornalisti e gli artisti, gli attivisti e i militanti che hanno lanciato un appello che si è rivelato di un'efficacia devastante, lo hanno fiutato e ci hanno messo le parole. Attraverso le voci di una ventina di membri del collettivo Ni Una Menos, di organizzatori di marce in diverse parti del paese, di familiari delle vittime, di fumettisti, di funzionari pubblici, di donne sopravvissute all'aggressione femminicida dei loro ex compagni, l'onesta testimonianza di Elena Highton de Nolasco come rappresentante della Corte Suprema di Giustizia e la notevole lucidità di Dora Barrancos, #NiUnaMenos è una riflessione scioccante su una pietra miliare nella lotta contro la violenza sulle donne e per la parità di diritti. Questa lotta, rafforzata e resa visibile in modo imprescindibile dalle marce del 3 giugno in tutto il paese, sfida oggi tutti i cittadini, senza distinzione di classe o di origine.

    Come l'affermazione forte di Never Again, il grido collettivo e la richiesta di fronte a questo dramma sono proiettati con la convinzione e la forza di chi è disposto a lottare a tutti i livelli: Ni Una Menos! Continua a leggere

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