La giustizia non ha voce

Chico Forti – Un eroe resiliente?

L'ennesimo caso in bilico tra Stati Uniti ed Italia, quello che ci accingiamo a raccontarvi, che ha tessuto la trama più intricata di una sceneggiatura cinematografica ed ha arricchito i palinsesti di tutte le tv nazionali e non. Un caso che ha dell'incredibile in quanto la realtà supera l'immaginazione sconfinando nei meandri più assurdi dell'universo dello storytelling. Stiamo parlando del caso del nostro connazionale Enrico Forti, noto ai più come Chico.

Caravaggio, Scudo con testa di Medusa, 1598

Adesso non vogliamo stare qui a sviscerare con minuzia chirurgica tutte le fasi di questa intricata vicenda, visto già il sapiente racconto mediatico portato avanti nel corso di questi anni, ma semplicemente vogliamo riflettere su quanto accaduto. Partiamo dall'antefatto: ciò che avrebbe scatenato l'odio della polizia nei confronti di Chico Forti sarebbe stato proprio l'operato di quest'ultimo. Chico Forti nella sua vita, infatti, oltre ad esser stato un campione di windsurf aveva anche la predilezione per la produzione televisiva che, nel 1997, lo porta a girare – di proprio pugno – un documentario sulla morte dell'assassino di Gianni Versace, tale Andrew Cunanan.

Ne "Il Sorriso della Medusa" (così Forti titolava la sua produzione) Chico ha instillato qualche dubbio sulla versione ufficiale rilasciata dalla polizia di Miami, che dichiarava Cunanan come morto suicida, asserendo che probabilmente Cunanan fosse stato dapprima ammazzato e poi portato nella famosa "house boat" per inscenarne il suicidio. Bisogna precisare che quanto insinuato da Forti è stato avallato e supportato da numerosi specialisti forensi che, vista l'evidenza dei fatti, hanno categoricamente smentito l'ipotesi del suicidio. Proprio questo comportamento di attivismo sociale assunto dal Forti avrebbe infastidito ed incattivito la polizia che alla prima buona occasione ha affondato il colpo e servito la propria vendetta.

Foto segnaletica di Chico Forti

Incarcerato dal 2000 in una prigione della Florida per l’omicidio di Dale Pike (figlio di Tony Pike, con cui Forti era in affari), Chico da oltre 20 anni sta scontando la sua pena senza mai perdere la lucidità che gli fa gridare a gran voce la sua innocenza. A questo punto potreste pesare: quale colpevole ammetterebbe mai di aver commesso un così brutale omicidio? Ed in linea con il vostro legittimo quesito risulterebbe farsesco parlare di innocenza. Ma non in questo caso! Molte, forse troppe sono le contraddizioni, le false piste, le accuse infondate che instillano un dubbio sempre più martellante nella mente di chi legge che porta logicamente a pensare che il verdetto di colpevolezza, emesso all'unanimità (forzata) dalla giuria popolare, non sia poi tanto in linea con i canoni di giudizio che la stessa giurisprudenza americana si impone e che deve essere "oltre ogni ragionevole dubbio". E in questa storia di dubbi ce ne sono ...e nemmeno pochi.

Striscione con scritto "Free Chico!" sul lato nord Doss Trento (SS 12), Il messaggio chiede la liberazione di Chico Forti ed è stato visibile da febbraio 2020 ad aprile 2021, Niccolò Caranti. 

Nel corso degli anni le manifestazioni di affetto e sostegno nei confronti di Chico, da parte di numerosi artisti come Fiorello, Jovanotti, Vittorio Sgarbi, la criminologa Roberta Bruzzone e il critico musicale Red Ronnie che si sono spesi attivamente ed hanno offerto sostegno alla causa, sono state soffocate nell'indifferenza generale non portando, di fatto, a nulla di concreto.

Si è dovuto aspettare l'intervento del programma televisivo di Italia Uno "Le Iene", che ha ripercorso step by step tutte fasi del caso ed ha mostrato un Chico Forti, oggi sessantenne, che non sembra aver perso la lucidità, la tempra di un tempo. Il suo spirito attivista sembra avergli fatto attutire il trauma perché la voglia di giustizia prevale a tutti i costi! Ma si tratta di resilienza apparente o reale? Chi ha visto quell'intervista non ha potuto fare a meno di notare lo sguardo dritto e vacuo del Forti che con freddezza ed autocontrollo ha ribadito nuovamente la sua innocenza.

L'ultima Cena, disegno dell'artista Chico Forti.

Tuttavia qualcosa sembra essersi smosso, questa volta, e per davvero. Contrariamente agli Stati Uniti che, durante il "delitto di Perugia", intervennero tempestivamente per rimpatriare la propria cittadina Amanda Knox, il governo Italiano ha iniziato a muoversi soltanto dopo l’intervento della suddetta trasmissione. Nel dicembre 2019, il ministro Di Maio ha ricevuto al ministero l'avvocato americano di Chico, Joe Tacopina, il quale gli ha presentato ufficialmente la domanda di trasferimento in Italia sulla base della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983, sottoscritta dall'Italia e dagli Stati Uniti. Nei primi mesi del 2020, inoltre, l'ex Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha inviato l'incarico all'ambasciatore italiano a Washington Armando Varricchio, di mettersi in contatto con il governatore della Florida ed ottenere l'approvazione al trasferimento di Chico Forti, richiesta poi accolta il 23 Dicembre 2020. Di fatto, ad oggi, il trasferimento del nostro connazionale non è ancora avvenuto. A proposito di ciò l'ex ministro degli Esteri Di Maio ha spiegato che l'allungamento delle tempistiche è dovuto al complicato sistema americano che prevede, in casi come questo, la convergenza tra due livelli di giustizia, quello dello Stato della Florida e quello federale.

Sebbene non si conoscano le tempistiche procedurali e nonostante i vari intoppi che sembrano dilatare a dismisura il tempo di risoluzione di questa vicenda, i primi passi verso una qualche "forma" di "giustizia" sono stati compiuti... e noi ci crediamo! Forza Chico!

#FreeChico #StayStrong

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